ALEXIA SARANTOPOULOU | NATURA MORTA IN MOVIMENTO

4 - 12 agosto 2020

Diario 2020
Diario 2020

  

12 agosto 2020
Roma → Roma
Durata: 00:24:46

 
Con Alexia e Ondina la conversazione avviene a La Pelanda, quasi al termine del periodo di residenza e dopo aver avuto l’opportunità di seguire alcuni momenti delle prove del loro lavoro Emilio.
Chiediamo ad Alexia di raccontarci qual è stato il punto di partenza della ricerca.

Quando mi accingo a realizzare uno spettacolo non mi capita quasi mai di sentire l’esigenza di affrontare un tema specifico, sono mossa, più che altro, dalla necessità di entrare nella dimensione del fare.
Sono partita dal testo di Jean Jacques Rousseau, Emilio o sull’educazione. È un testo del 1762, scritto anni prima della Rivoluzione Francese, della quale anticipa le idee. Ero interessata ad approfondire questo aspetto, e volevo indagare più a fondo l’Illuminismo. Mi sono proposta di attraversare questo e altri testi alla luce di un’idea di Europa, di cui tanto si sente parlare, ma spesso ignorando le radici da cui nasce e l’origine dei valori che ne sono alla base.
La nostra è una rilettura critica del testo, non c’è una totale aderenza alle parole di Rousseau. Mi hanno appassionato non solo gli argomenti che tratta, ma anche il tipo di scrittura che mette in campo. È una scrittura che definirei di getto, dove si alternano concetti articolati a pensieri più naïve, una contraddizione da cui sono stata molto affascinata.

 

 

Come per molti altri artisti ospitati all’interno del progetto anche per Alexia e Ondina la residenza a La Pelanda ha segnato il ritorno in sala dopo un lungo periodo di pausa.

Ondina: per me non è stato particolarmente difficile tornare a lavorare in uno spazio. Ho trovato difficile riprendere il lavoro su questo spettacolo, perché eravamo ferme da molto tempo. A gennaio avevamo lasciato una scena in sospeso, avremmo dovuto avere altri periodi di prova che, a causa della situazione, sono saltati.
 

Alexia: rientrare, per me, non è stato semplice. Quello che stiamo costruendo è un lavoro complesso e queste lunghe pause, tra un periodo di prova e un altro, non aiutano. A volte ho la sensazione che questa complessità non venga colta dall’esterno e sembri uno spettacolo più facile di quello che è. Mi riferisco, soprattutto, alla parte performativa di Ondina. In quanto unica performer si trova a gestire tutti gli elementi della scena: la musica, gli oggetti, la sostanza liquida con cui interagisce in una delle parti dello spettacolo. Non possiamo permetterci che qualcosa sul palcoscenico vada fuori controllo. Molto più che in altri lavori si percepisce qualsiasi momento di incertezza, perché c’è un’unica presenza animata che agisce all’interno di un quadro.

 

La natura morta in pittura, le opere di Luigi Ontani e il pensiero di Donna Haraway sono ispirazioni dichiarate nel testo di presentazione dello spettacolo. Alexia definisce molto spesso la scena “quadro”. Quanto interviene l’arte visiva nel suo processo di lavoro? È una pratica costante quella di mettere in relazione queste due discipline?

È la prima volta che mi cimento nella la regia di uno spettacolo. In Grecia faccio parte della compagnia Nova Melancholia e lavoriamo mettendo in relazione discipline diverse.
In questo caso l’idea della natura morta c’era già in partenza. Abbiamo costruito una scena che sembra un quadro, nel quale inseriamo molti oggetti diversi, capaci di creare dei cortocircuiti spiazzanti. Mi interessa indagare l’evolversi di questa immagine che, all’inizio, ha una forte impronta pittorica ma poi, durante lo svolgersi dello spettacolo, fa emergere il gioco tra naturale e artificiale, tra ciò che è vivo e ciò che morto, rendendolo palese.
Come qualcuno mi ha fatto notare in questi giorni, è un lavoro che può avere una vocazione installativa, trovo interessante mettere in relazione questo aspetto con la cornice teatrale, anche dal punto di vista della percezione del tempo.

 

Pur essendo Ondina l’unica presenza viva sul palco e, quindi, l’unica in grado di metterne in moto il meccanismo scenico non si crea una relazione gerarchica tra lei e gli altri elementi. La figura umana è immersa in un paesaggio fatto di oggetti, frutti e liquidi colorati e dialoga con essi in una forma orizzontale. Micheal Pollan nel libro La botanica del desiderio, parla di coevoluzione quando evoca il rapporto ancestrale tra il fiore e l’ape:
«In un contratto coevolutivo come quello sottoscritto dall’ape e dal melo, le due parti agiscono per i propri interessi personali, ma finiscono per scambiarsi favori: cibo per l’ape, trasporto di patrimonio genetico per il melo. Ciò avviene in modo del tutto inconsapevole: la distinzione tradizionale tra soggetto e oggetto non ha perciò significato.»

Ondina: l’idea di educazione in Emilio si basa sul rapporto con la natura. Il ragazzo, secondo Rousseau, trova nella natura l’unica fonte di apprendimento. Nel racconto è evidenziato il costante incontro e scontro tra uomo e natura e il fatto che i desideri dell’uomo devono sempre essere commisurati a ciò che la natura è in grado di dare. Il rapporto non è paritario e, proprio nello spazio che si crea tra ciò che il ragazzo desidera e ciò che la natura può offrire, si inserisce la figura del precettore.

«Ma osservate il mio Emilio; fino a quest’età cui l’ho condotto non ha mai provato sentimenti, né detto menzogne. Prima di sapere che cosa sia l’amore non ha mai dichiarato ad un proprio simile “ti amo tanto”. Nessuno gli ha prescritto il contegno da tenere entrando nella camera del padre, della madre, del precettore malato; nessuno gli ha mostrato l’arte di ostentare una tristezza che non aveva. Non ha finto di piangere per la morte di qualcuno, perché non sa che cosa sia morire.» Emilio o sull’educazione, Jean-Jacques Rousseu

 

Con Ilaria ci siamo interrogate molto, nella costruzione del progetto, sulla questione delle aperture pubbliche. Ci interessa indagare questo aspetto delle residenze con gli artisti coinvolti.

Alexia: è stato importante avere un tempo destinato alla ricerca. Il non avere in programma un’apertura al pubblico ti dà sicuramente la possibilità di sperimentare e, anche di sprecare, perdere tempo che è una cosa preziosa.
 

Ondina: il rischio che si corre è quello di formalizzare delle cose senza essere completamente convinte della strada presa. Però, fare delle aperture pubbliche può essere utile per dare visibilità al lavoro e questo è fondamentale per le compagnie giovani.

 

parte di

-
Gli appunti in forma di diario raccolti qui raccontano il percorso fatto con le artiste e gli artisti del progetto Prender-si cura, un ciclo di residenze artistiche e produttive realizzate a La Pelanda, nel Mattatoio di Roma.
Padiglione 9B, Performer: Prinz Gholam
13 luglio, ore 12-13
SOLO SU INVITO
13 luglio, ore 12-13
13 luglio, ore 12-13