VALENTINA FURIAN | CINEMA E TEATRO: LA COSTRUZIONE DI UN SET PERFORMATIVO

6 - 15 aprile 2021

Diario 2021 - 2022
Diario 2021 - 2022

 
Il dialogo con Valentina Furian si è articolato in due fasi. La prima, una conversazione Skype molto prima del suo periodo di residenza a La Pelanda. In questa occasione l’artista ha raccontato i diversi progetti di ricerca che la vedevano impegnata, interrogandosi e interrogandoci su quale fosse il più adatto da sviluppare nel contesto di Prender-si cura. La seconda conversazione è avvenuta alla fine della sua residenza, in cui Valentina ha girato una parte di Ciacco, il video vincitore del progetto Cantica21. 

L’incontro con il lavoro di Valentina ci ha messo di fronte ad alcune questioni centrali di questo programma di residenze. Non si tratta solo della questione dell’intreccio dei linguaggi diversi, ma di quella zona di possibilità che si apre tra un linguaggio e un altro. È stato interessante vedere come l'elemento performativo entra nella pratica registica e filmica di Valentina. Siamo state testimoni della costruzione del set e della fase delle riprese e ci siamo interrogate molto su cosa è stato per noi quel momento. 
 


 
 

3.2.2021

 

Valentina Furian: Ho presentato un progetto che ha vinto Cantica 21 su Ciacco, un personaggio della Divina Commedia, che Dante incontra nel VI canto dell’Inferno, nel terzo girone dove i golosi sono condannati a vivere questo spazio in cui cade una pioggia perpetua, eterna come la definisce Dante. Lavorando sul video sto pensando a un loop continuo. Uno dei primi collegamenti che ho fatto è l’inizio di Fata Morgana di Werner Herzog:

 

 

Herzog racconta che questa ripetizione è un test per l’osservatore, se si riesce a sostenere questo loop si può guardare tutto il film.

Questa eternità che in Dante è vista come una ripetizione continua della pena, io la vorrei risolvere, dal punto di vista cinematografico, con un loop che faccia diventare la visione del film fastidiosa o difficile. 

La prima parte del film sarà girata alla Serra dei Giardini del MUSE dove è riprodotta una parte di selva della Tanzania e di notte un impianto di irrigazione, attivabile con tramite un’app, riproduce la pioggia tropicale. Questa prima fase di girato coinciderà con la prima parte del film. La seconda fase è quella in cui entriamo dentro al racconto di Dante e in cui si incontra Ciacco. Questo film è pensato per essere una soggettiva di Ciacco, quindi non vorrei esporre figure umane.  Molto probabilmente nel film ci saranno dei cani, all’entrata del girone dei golosi c’è Cerbero che viene descritto come una sorta di figura animale/umana a tre teste e gli stessi golosi che latrano come cani e tramite il racconto della sonorità vengono descritti come animali.

Non ho ancora concluso il soggetto. Ma per la seconda fase sto pensando di girare in un ambiente chiuso.  Mi piacerebbe che fossero tre alani, per riprendere un numero che torna spesso nella Divina Commedia, e anche perché Cerbero ha tre teste, vorrei creare confusione sulle identità di quei cani che potrebbero essere sia Cerbero che i dannati. 

Cerco la presenza di animali. I cani sono degli animali che tornano spesso nel mio lavoro.  Per quanto riguarda la figura di Ciacco non si sa a chi sia ispirato, ma una delle ipotesi è che sia l’unione dei nomi Giacomo e Jacopo, due nomi a me famigliari, mi sembrava una coincidenza magica.

La seconda ipotesi di progetto, invece, coinvolge un’altra specie animale, un leone e in parte riprende un lavoro, che considero non ancora concluso, iniziato durante una residenza in India in collaborazione con The Blank Contemporary Art, IIC Mumbai e Art Oxygen. Lì, sempre immersa in una foresta, questa volta reale, aggiungevo un livello visivo all’ambiente naturale, uno sfondo, un billboard. Mi interesserebbe riprendere questo escamotage che inseriva un velo di finzione, un vero e proprio livello visuale altro a un contesto reale.

 

Un’altra questione che dovrò affrontare è quella della gestione della regia e delle riprese. Non ho mai rinunciato alla camera ma devo riuscire a farlo.

 
 
 
14.4.2021

 

Dopo i giorni di residenza in cui Valentina Furian ha realizzato parte della produzione di Ciacco.

 

Ilaria Mancia: Che cos’è cambiato rispetto alla conversazione precedente?

 

Valentina Furian: Quando lavoro ai video, ed è capitato anche in questa occasione, cerco sempre un ambiente che abbia determinate caratteristiche. Ho fatto dei sopralluoghi in alcuni cinema e sono andata anche a visitare vari allevamenti di cani. Ciò che a me interessa veramente, però, è lo scambio che si instaura con i protagonisti dei video. Si cerca di preparare una situazione che sia il più chiara possibile ma, in realtà, cambia tutto perché il video si compone a partire da alcune dinamiche istintive che si mettono in atto grazie ad alcuni fattori come, ad esempio, la presenza degli animali. 

Quando ho visitato il cinema Avorio, l’ho trovato uno spazio molto affascinante. Stavo cercando, però, un ambiente cinematografico in cui ci fosse una platea che potesse essere interessante a livello visivo per l’idea che avevo del mio film, e lì non l’ho trovata. Quando sono entrata nel Teatro 1 de La Pelanda, ho pensato che quel luogo poteva essere usato come un ambiente neutro, utile nella sua possibilità di divenire asettico, ma, in realtà, il teatro è entrato nel lavoro con tutte le sue connotazioni architetturali. Mentre giravamo la scena con gli alani, riprendevamo solo loro, ad un certo punto abbiamo girato la camera e abbiamo cominciato ad immaginare loro, i cani, nella platea. E lì sono andati.

Non riesco ad avere un approccio cinematografico totalmente intenzionale, si piuttosto tratta della ricerca di qualcosa di inaspettato che, per ora, nei miei lavori è stato attivato dalla presenza animale e dalle azioni istintive che scaturiscono dalla loro presenza. Anche in questo caso è successo; forse questa dinamica verrà scardinata.

 

Paola Granato: È entrata la figura umana nelle riprese?

 

Valentina Furian: Dopo aver incontrato gli allevatori di quei 4 alani, ero certa di voler all’interno del video i due addestratori, perché mi interessa molto la relazione che hanno tra di loro e con i cani. Avevo previsto di microfonare le figure umane e, per quanto riguarda le immagini, devo capire bene quali avrò necessità di utilizzare. Quello che succede durante la produzione non è totalmente programmato, e di conseguenza il momento di editing visivo si compone di un grande lavoro di scarto e selezione, è un momento molto incisivo nella scelta del visuale.

 

Ilaria Mancia: Ripetevi spesso che era bello essere in teatro, in che senso lo dicevi?

 

Valentina Furian: Da una parte si tratta di una questione di ritmo che quello spazio ti consente, dall’altra ho trovato un ambiente vuoto e non connotato in cui ho potuto riversare tutti i miei pensieri. Passo del tempo a immaginare come sarà il momento delle riprese. 

Inoltre, il teatro ha a disposizione molto materiale tecnico e un ambiente pensato per essere pratico da quel punto di vista. Lo schermo enorme e immersivo. Parte dell’editing è stato fatto in sala, con lo stesso schermo utilizzato durante le riprese. Lavorare con uno schermo così grande vuol dire quasi lavorare già all’allestimento, alla dimensione formale e scultorea del video mentre stai costruendo l’immagine. Questo passaggio nella produzione è entrato nel filmico: l’allestimento del set entra dentro le immagini. Un continuo rimando di livelli spaziali che si contengono e si respingono.

 

Ilaria Mancia: Sei passata da girare in un ambiente naturale a un interno, che percezione hai avuto? C’era anche un po’ del diorama che ci hai citato, come se un diorama avesse preso vita.

 

Valentina Furian: Cercavo qualcosa di sintetico ed è stato davvero così. La figura animale rende più vera quella sensazione.

 

Paola Granato: Assistendo per un po’ alle riprese era molto chiaro l’elemento performativo di quell’accadimento.

 

Ilaria Mancia: Io sentivo il desiderio di avvicinarmi 

 

Valentina Furian: In effetti, mi chiedevo di cosa eravate spettatori.

 

Ilaria Mancia: Istintivamente ti direi delle relazioni tra voi e i cani.

 

Paola Granato: Percepivo tutto come un unicum, ero spettatrice anche di Zoe che faceva le foto di scena.

 

Ilaria Mancia: Ci si sente anche complice in un momento quasi segreto, un’eccezione preziosa poterci essere.

 

Paola Granato: Per me era una situazione da sostenere e da proteggere, da custodire in qualche modo.

 

Valentina Furian: A questo non avevo pensato ma è molto bello che sia nata questa cosa, che siate state testimoni di ciò che è avvenuto. 

Mi chiedo se nel primo take, quando i cani erano molto agitati, si percepiva dall’alto. È stato quello il momento in cui ho capito che il film si sarebbe fatto.

Mi chiedo se può essere una cosa riproducibile dal vivo. Ma, da una parte, penso che non si possa ripetere ed è magica proprio per questo.

 

Paola Granato: Ho pensato molto al lavoro di Zapruder Filmmakersgroup mentre osservavo te lavorare. Quel costruire situazioni performative, che loro chiamano set, in cui viene invitato il pubblico ma che sono occasioni per produrre materiali che solitamente confluiscono in un’opera video più ampia. Questa dimensione performativa del tuo lavoro mi ha molto sorpreso. 

 

Ilaria Mancia: Infatti Zapruder Filmmakersgroup tende a non ripetere le performance, se non per girare qualcos’altro. Ho pensato anche a Presente, a cosa volesse dire vedere dal vivo un asino pascolare in un museo.

 

Valentina Furian: Sono contenta che si sia svolta così, la prima volta che si è creata una situazione simile è stato durante la produzione di Presente e poi con 55, l’installazione video dove si vede una casa immersa nel fuoco e un cane che, immerso nel buio, viene illuminato da quelle fiamme. Anche in questo caso c’era un set con delle persone impegnate nella produzione del prefilmico, che a un certo punto sono diventati spettatori perché il loro ruolo era finito.

È una modalità di lavoro che comprende il fallimento, anche se dall’immagine viene fuori sempre qualcosa: quando giravamo 55, la casa che prende fuoco l’abbiamo vista, è importante che sia accaduto e che ci fossimo noi a testimoniare l’accadimento.

 

Ilaria Mancia: Sento che abbiamo attraversato insieme un’esperienza, sono curiosa del passaggio successivo e di capire se quest’opera può avere una vita all’interno di queste sale.

 

Ciacco ha fatto parte di re-creatures, la programmazione estiva del Mattatoio a cura di Ilaria Mancia ed è stato installato negli spazi de La Pelanda.

 
 

 

Qualche tempo dopo una corrispondenza tra noi e Valentina Furian
 

 
 
Cara Valentina,

 

in una nostra conversazione precedente al tuo arrivo ci raccontavi di possibili progetti che avresti potuto sviluppare in residenza al Mattatoio. Alla fine, la scelta è caduta su Ciacco, i suoi animali e la sua foresta pluviale, che qui abbiamo incontrato attraverso le immagini girate precedentemente all’interno di una serra.

Cos’è la finzione? 

Abbiamo parlato di fallimento, la tua pratica lo comprende, si espone a questo rischio. Ci raccontavi che per te l’importante è che ciò che hai previsto accada - come nel caso della casa che prende fuoco della tua opera “55” - e che a testimoniarlo ci siano gli occhi di chi hai scelto come compagni di viaggio. Poi dalle immagini qualcosa si tira sempre fuori, ci hai detto.

Cos’è la finzione?

Quando abbiamo parlato dopo le riprese, prima che tu uscissi dal teatro, che è stato il set di alcune scene, siamo rimaste in silenzio, senza parole. È facile entrare nel meccanismo produttivo e porsi, alle volte, in maniera un po’ asettica, con lo sguardo viziato dalle abitudini. Ma il bello sta nel farsi sorprendere e non avere più parole di fronte a ciò che sfugge. Tornando al nostro silenzio, alla nostra sorpresa, è proprio nella presenza di testimoni ciò che sfugge del tuo lavoro e che lo rende nello stesso tempo propenso all’apertura a sguardi altri. 

Cos’è la finzione?

Dopo averti vista lavorare, dopo che l’evento è accaduto, ci siamo poste la questione del senso che avrebbe condividere questo processo di creazione con un pubblico. Far emergere una pratica di lavoro che contiene un elemento performativo, per rendere pubblico un momento che i più non possono vedere. Come risuona in te questo pensiero?

Un set è un luogo costruito, preparato, per girare la scena che si ha in mente. La macchina da presa fissa quell’attimo, cosa succede se immettiamo all’interno di quello schema un elemento imprevisto, se viene condiviso con altri occhi? Cosa cerchi in questa modalità che sembra essere diventata una tua pratica?

Fare le riprese in un teatro come ha modificato il tuo sguardo?

Ti lasciamo con questi interrogativi, che si sono ripresentati anche quando Ciacco è stato installato quest’estate durante re-creatures nelle sale de La Pelanda dove è stato creato.

 

Paola e Ilaria

 
 
  
 
* * *

 
 

Paola e Ilaria,

 

cos’è la finzione?

È una domanda che si ripete nella vostra lettera, lettera che ha atteso una risposta per mesi. Forse proprio questa domanda mi ha intimorito. Siamo sottoposti quotidianamente a scelte, scelte che determinano il nostro posto nell’intreccio sociale che definisce la vita e il lavoro.

Indossiamo maschere, e siamo chiamati a performare, continuamente, in ogni nostra interazione, umana e non umana.

 

Mi spaventa? Cos’è la finzione?

 

Mi ha sempre colpito la reazione del mio corpo immerso in una chiara situazione performativa, quando un inizio e una fine sono determinate; determinanti. Diventa impavido, sicuro di sé.

È forse l’assenza di una chiara fine, invece, che mette timore o paura.

La finzione ha forse dei limiti definiti e chiari? E al suo contrario la realtà non li ha?

 

[…]

 

Sono immersa in varie, infinite sfumature di verde.

Ogni tanto sento il canto di qualche uccello che a fatica vedo. Dal suono sembrano uccelli grandi e colorati, che forse i miei occhi non hanno ancora mai visto.

 

Philomel, with melody,

sing in our sweet lullaby;

Lulla, lulla, lullaby; lulla, lulla, lullaby

 

Mi cade una goccia sulla fronte, che mi scivola e mi riga il viso, come spaccandolo a metà; ho sempre voluto trovare una netta divisione tra la parte est e la parte ovest del mio corpo. Controllo che questa goccia non sia la traccia organica di quegli esseri sonori. Tutto ok, sta solo cominciando a piovere.

Una goccia dopo l’altra; piove sempre di più, sempre più forte.

Cerco di ripararmi nel sottobosco, ma la pioggia mi raggiunge lo stesso, le gocce sono grosse e calde, non è poi così spiacevole. Trovo un albero, con delle foglie enormi, grandi, potrebbe dare riparo ad una leonessa. Le sue foglie sembrano sinuose dita femminile, mi attraggono a sé; chiedo a loro protezione, mi fido. Qualcuno, da qualche parte, in un qualche tempo, mi ha raccontato che quegli esseri vegetali hanno così fretta di crescere che quel verde dito serpeggiante potrebbe avere solo qualche giorno di vita. Questo pensiero mi porta alle farfalle. Che esseri incredibili, si dice che vivano pochi giorni, mi sono sempre chiesta cosa significhi essere una specie vivente decretata a una vita così breve:

Il tempo (quello che vediamo trasformare l’orologio) scorre più lento?

Le cose materiali hanno una dimensione più grande?

Oppure è una vita così intensa che ti bastano pochi attimi per provare tutte le intensità della vita?

Forse loro si chiedono perché noi, esseri umani, siamo alla ricerca continua e senza sosta di un allungamento biologico dell’individuo, l’immortalità sintetica.

 

Che cos’è la realtà?

“Valentina!”

“Abbiamo un problema!”

Da lontano questo richiamo interrompe lo scorrere dei miei pensieri e mi riporta nella selva.

È Andrea, il biologo: “[...]è finita la scorta di acqua, dobbiamo interrompere le riprese!”

Mi accorgo che ha smesso di piovere.

Lì, nella serra tropicale del MUSE, il Museo delle Scienze, ci sono due enormi cisterne per l’acqua “piovana”. Renzo Piano ha progettato quell’ala del Museo pensando ad un’irrigazione che imitasse la pioggia torrenziale della Tanzania. Sì perché, in quel luogo preciso di Trento, l’ambiente che i miei occhi stanno vedendo e che voi avete visto proiettato e ri-proiettato sullo schermo a Teatro 1 del Mattatoio è una copia ideale delle foreste Africane di quella zona del continente.

Ma qui ci sono specie che non esistono più lì fuori,

non esiste la siccità qui dentro;

la varietà biologica è inesistente in un ambiente così ridotto, lì fuori;

e qui non ci sono predatori.

 

Chi sono i predatori?

Che cosa è la finzione?

 

Non trovo una risposta.

Lo chiedo a voi:

che cosa è la finzione Paola?

che cosa è la finzione Ilaria?

 

[...]

 

Ritorno a Teatro 1 del Mattatoio, al primo incontro di tutti noi.

Un incontro che ha portato nello stesso luogo noi, dietro alle camere, ai microfoni, ai ciak; voi, spettatori del VI girone degli inferi e della platea, loro, i protagonisti delle immagini, le presenze animali, i doppelgänger di Cerbero. Tutti connessi in un luogo che per qualche ora è diventato un girone infernale, la nostra esperienza ultraterrena. 

Un luogo che è poi stato tutt'altro.

Sono stati loro, quei cani, Cesare, Apollo, Belisaria, Iron.

Sono loro, le maestose presenze animali ad aver creato questa tensione tra noi e voi.

Una sottile, sottilissima corda invisibile allacciava i nostri corpi uno con l’altro, mentre i minuti scorrevano, i nostri corpi con i vostri, con i loro con i nostri.

I loro muscoli tesi producevano i nostri movimenti nervosi.

I loro ringhi sospendevano i nostri respiri.

In bilico in un corpo rigido e in un’apnea comune abbiamo aspettato, per un tempo che sembrava interminabile.

Nelle nostri menti il tutto stava succedendo, ma proprio in quell’attesa dei corpi, in quella corda tesa tra di noi, nel battito cardiaco accelerato e nel silenzio umano che tutto è successo.

Nel buio abbiamo imparato ad incontrarci. Noi, voi, loro.

Ci riconosciamo nella notte?

 

[…]

 

Ritorno a Teatro 2 del Mattatoio, è Giugno, stiamo per inaugurare la prima tappa di Re-creatures.

Vedo il nostro film allestito. Sono per la prima volta spettatrice di Ciacco nella sua forma materiale, è lì davanti a me e ha finalmente una dimensione, posso misurarmi con lui.

Le immagini sono impetuose, il suono mi avvolge.

Ciò che vediamo è stato sottoposto ad una scelta, la scelta politica del montaggio. Il montaggio determina ciò che vedremo, ciò che non vedremo, ciò che sentiremo, ciò che non sentiremo. Il montaggio può decidere se farci durare la vita di una farfalla o farci durare l’immortalità.

 

Lo pianto stesso lì piangere non lascia

e ‘l duol che truova in su li occhi rintoppo

si volge in entro a far crescer l’ambascia;

chè le lagrime prime fanno groppo,

e sì come visiere di cristallo,

riempion sotto ‘l ciglio tutto il coppo.

 

Ho esaminato, vivisezionato, ispezionato ed estratto come un chirurgo le immagini che vedete oggi.

Cosa state guardando? Cosa non stiamo vedendo? Cosa ho deciso di dimenticare?

Lì, tra quelle pause che si alternano e quelle luci che mi illuminano di rimbalzo è celato un segreto, il nostro segreto di quel momento che ha creato un noi istantaneo.

L’atto del vedere, ora, è quasi una relazione erotica tra i miei occhi e quelle immagini. Un’azione vouyeristica che ricerca tra i valori simbolici di ogni soggetto che appare nel frame del video un qualcosa di altro. Lì a guardare quelle immagini ci si ritrova a cercare un senso aggiunto, tra mille stratificazioni di possibili significati, io cerco il fascino dell’immagine. L’incanto.

E lì, tra quelle immagini ora scelte, sviscerate, sezionate e selezionate intravedo la nostra densa relazione che si è estesa fino all’ultimo ciak.

Nel buio, nel odore e nei rimbombi, siamo stati un noi, improvviso.

Paola?

Ilaria?

Lo vedete?

 

 

Valentina

 

Le citazioni visive e verbali sono (in ordine): Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate; Sclavi, Dylan Dog. I predatori; Dante, La Divina Commedia
 
 
Ciacco è stato presentato nell'ambito della programmazione re-creatures 2021.

parte di

-
Gli appunti in forma di diario raccolti qui raccontano il percorso fatto con le artiste e gli artisti del progetto Prender-si cura, un ciclo di residenze artistiche e produttive realizzate a La Pelanda, nel Mattatoio di Roma.
Padiglione 9B, Performer: Prinz Gholam
13 luglio, ore 12-13
SOLO SU INVITO
13 luglio, ore 12-13
13 luglio, ore 12-13