MP5 | SPAZIO DI SPERIMENTAZIONE

3 - 22 maggio 2021

Diario 2021 - 2022
Diario 2021 - 2022

L’invito a MP5 per una residenza all’interno di Prender-si cura è avvenuto per contagio. Conoscevamo il lavoro di MP5 che si muove sia nel campo delle arti visive, misurandosi con lo spazio pubblico, che in quello dell’editoria, ma anche in territori performativi vicini al teatro. Il desiderio di proporre una residenza artistica è sorto durante la presenza di Brutal Casual Magazine che MP5 ha attraversato per vicinanza affettiva e complicità artistica con Lady Maru e Jacopo Benassi. Abbiamo fatto a MP5 la proposta di abitare lo spazio de La Pelanda, l’artista ha colto l’occasione per sperimentare qualcosa che aveva in mente da tempo: lavorare con una persona come modell*. Sempre attraverso reti e connessioni affettive MP5 ha scelto di lavorare con Alessandro Sciarroni, artista e coreografo, del quale conosceva e stimava il lavoro, ma che non conosceva personalmente. Ne è scaturita un’affinità che ha dato vita a momenti di lavoro intensi e particolarmente prolifici, un lavoro che non ha per il momento visto una formalizzazione finale ma che è aperto a molte possibilità che si discostano dalle strade percorse dai singoli grazie all’incontro di due poetiche e pratiche diverse che hanno dato vita a un incontro fuori dall’ordinario.

 

 
 

Ilaria Mancia: Per una volta iniziamo dalla fine, visto che ci piace dire che iniziamo sempre dall’inizio. Che cosa stai facendo ora quasi alla fine della residenza al Mattatoio?

 

MP5: Sto dipingendo una tela ed è la prima che dipingo a seguito di queste tre settimane di residenza e di un processo che ha visto susseguirsi varie fasi.

Non è la fine del lavoro, si tratta di una prova per vedere finalizzato uno dei tanti artwork che ho realizzato in questo periodo di residenza. 

 

Ilaria Mancia: C’è qualcosa di diverso rispetto alla tua pratica di pittura abituale?

 

MP5: C’è una sensazione strana nel dipingere questa tela, una sorta di incompletezza rispetto a quanto successo in queste tre settimane. 

Come raccontare questi giorni? La parola mi tradisce di continuo. Non faccio spesso interviste perché sento che le parole mi tradiscono nel momento stesso in cui le pronuncio.

Questa residenza è stata un esperimento, sono venut* qui senza avere un obiettivo preciso, che poi dovrebbe essere la condizione per entrare nel lavoro artistico. Ci sono, ovviamente, delle linee guida e delle idee che vengono messe in campo e in questo caso l’idea iniziale era quella di disegnare dal vero un* modell*.

Ho riflettuto molto sulla persona con cui lavorare. Un giorno al Mattatoio avevo avuto l’occasione di incontrare Alessandro Sciarroni. Non ci eravamo mai conosciuti personalmente, ma seguivo e stimavo da tempo il suo lavoro. Ho sentito chiara fin da subito un’affinità in un primo momento artistica, poi elettiva. Mi ha fatto scattare una scintilla. Appena si è presentata l’occasione per questa residenza l’ho contattato per invitarlo a partecipare e la sua risposta immediatamente affermativa mi ha reso felice. 

Era la prima volta che lavoravo con una persona che non conoscevo, di solito c’è una grande intimità con le persone a cui chiedo di fare da modell*.

Avevo quindi bisogno di passare del tempo con Alessandro, stabilire un contatto, e dovevo fare tutto questo dal vivo.

Per quello che avevo in mente di fare era necessario un congegno che mi permettesse di disegnare in presa diretta le linee del suo corpo, avevo bisogno di disegnare mentre lui era ripreso dalla telecamera, ma non riuscivamo a trovare un software che lo permettesse.

Ci sono molti programmi che consentono di disegnare su foto ma non su video, credo che il fatto di non trovarlo abbia reso ancora più interessante questo esperimento. Grazie a delle consulenze abbiamo quindi escogitato un modo alternativo e inedito di realizzare questo progetto.

Al termine della preparazione il set-up che abbiamo creato, insieme a Jacopo, si è rivelato inaspettatamente una vera e propria scenografia. 

Questo è stato il punto di partenza, poi non sapevo esattamente cosa sarebbe successo, di certo mi interessava il fatto che Alessandro fosse anche un performer oltre che coreografo. 

Si è creata una sorta di magia in queste giornate. Non c’è stato bisogno di molte parole, io ho iniziato a disegnare, Alessandro ad aggiungere suggestioni. Vedendosi in video poteva interagire con le tracce del suo passaggio e con la figura disegnata da me, creando delle composizioni.

 

 Paola Granato: Essendo tu stata spettatrice dei lavori di Alessandro, quanto hai ritrovato della sua pratica mentre lavoravate?

 

MP5: Non è una cosa su cui ho riflettuto. Penso che si sia generata una pratica nuova nata da questa occasione.

 

Ilaria Mancia: Dicevi che trovavi delle affinità nel vostro lavoro; è un pensiero che si è confermato? 

 

MP5: Penso che tutto abbia a che fare con la sensibilità. Se siamo stati così in sintonia, e abbiamo lavorato in questa maniera, è indubbia un’affinità. 

 

Ilaria: Come hai percepito il passaggio di uno sguardo esterno?

 

MP5: Non l’ho percepito. Quello che è successo tra me e Alessandro, tutto l’andamento del lavoro, è stato molto intimo e immersivo. Quando disegnavo, ero concentrat* solo sulla figura di Alessandro, sul movimento che stavamo creando insieme. C’è stata la presenza costante della musica, che mi permetteva una maggiore concentrazione. Devo per forza lavorare così quando disegno, se avessi avvertito la presenza delle persone, di un pubblico, credo che mi sarei fermat* o avrei cominciato a sbagliare.

 

Ilaria Mancia: Per me è stato interessante vedere come avete ripetuto le stesse cose, anche se sono state sempre diverse. Quindi ho pensato che fosse una cosa ripetibile. 

 

MP5: È assolutamente ripetibile. Se mi stai chiedendo se è ripetibile di fronte a un pubblico la mia risposta è non lo so. Le persone che hanno potuto assistere alle nostre sessioni erano poche e molto attente. L’idea che ci sia qualcuno che sta osservando una cosa che propongo che quindi assume la dimensione di spettacolo…non lo so, la lascio come domanda aperta, non so cosa succederebbe.

Questo progetto ha qualcosa in comune con un lavoro che ho fatto a teatro tanto tempo fa. Disegnavo dal vivo le scenografie per una pièce teatrale mentre si svolgeva l’azione. Quella del live è una dimensione che conosco, ho lavorato in teatro avendo un pubblico che guarda. In quel caso, però, proponevo delle cose già pensate in precedenza e concordate con il regista. Il progetto che avete visto qui invece è sempre diverso e imprevedibile perché cambiano i punti di vista, le coreografie e le composizioni realizzate con Alessandro. 

 

Paola Granato: Si può dire che avete creato una pratica.

 

MP5: Fa paura creare una pratica, vero?

Il dispositivo però è stato creato prima dell’arrivo di Alessandro.

 

Ilaria Mancia: Ti incuriosirebbe provare con qualcun altro?

 

MP5: Potrebbe interessarmi. Ero già instradat* in un percorso di ricerca tra me e l’altr* per cui questo dispositivo è molto interessante. Potrebbe essere aperto ad altre collaborazioni. Però ad ora tutto ciò che sto dicendo potrebbe essere confutato, sono ancora immers* in questa esperienza che è stata intensa e che sto ancora elaborando. La tela che vedete dipinta è solo una delle possibilità, un tentativo, ma ho ancora molto altro materiale.

 

Ilaria Mancia: Mentre lavoravi ti sono venuti in mente riferimenti ad altri artisti?

 

MP5: Mi si sono presentate, in realtà, molte immagini relative al mio percorso, al mio passato artistico.

 

Paola Granato: Come hai scelto l’immagine che hai dipinto?

 

MP5: Era l’immagine più simbolica di quello che è successo, ma non è definitiva, se potessi andrei avanti a dipingere anche gli altri artwork che ho elaborato, alcuni sono molto interessanti. Dovevo iniziare a dipingere per capire che strada prendere. Qui è stato scelto un formato, un supporto e poi vediamo se è questa la strada. Sto cercando ancora il modo di restituire la complessità di questo esperimento. Torno a casa con una grande quantità di materiali.

 

Ilaria Mancia: Una richiesta esterna ti aiuterebbe? Apriresti questo processo all’occasione giusta o credi debba restare un’occasione di ricerca tua?

 

MP5: Penso che potrei prenderlo in considerazione.

In fondo, questo lavoro è nato da una vostra richiesta di una mia residenza qui. Poter sperimentare così liberamente, avere un tempo preciso dedicato alla ricerca in uno spazio nuovo, è stato prezioso. 

Dipingere per me di solito è un luogo comodo, mi fa entrare in uno stato meditativo, ma in questo progetto ho l’occasione di spingermi oltre, di dare spazio ad altri luoghi meno conosciuti, a tutte le suggestioni e i materiali nati da questo dispositivo. Sono apert* a sperimentare, in questo lavoro mi sento slegat* dalla mia consueta produzione, basata, per lo più, sul dipinto, sulla tela e, a volte, sul wallpainting. Qui sono obbligat* a un cambio di prospettiva, la mia penna disegna sul nulla.

 

 

Nel mese di maggio il lavoro di MP5 con Alessandro Sciarroni è stato presentato all’interno della rassegna re-creatures 2022 con il titolo movimento immagine. Un open studio, una sessione di lavoro di disegno dal vivo, preliminare a un progetto più ampio che prevede diverse evoluzioni, tra cui un ciclo di dipinti, una videoinstallazione e una pubblicazione.

 

 

parte di

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Gli appunti in forma di diario raccolti qui raccontano il percorso fatto con le artiste e gli artisti del progetto Prender-si cura, un ciclo di residenze artistiche e produttive realizzate a La Pelanda, nel Mattatoio di Roma.
Padiglione 9B, Performer: Prinz Gholam
13 luglio, ore 12-13
SOLO SU INVITO
13 luglio, ore 12-13
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