HIMALI SINGH SOIN E DAVID SOIN TAPPESER | IMPARARE DALLA NATURA

1 - 12 maggio 2022

Diario 2021 - 2022
Diario 2021 - 2022

Il duo Hylozoic/Desiders — formato dalla scrittrice e artista Himali Singh Soin e dal batterista, compositore e performer David Soin Tappeser — è stato in residenza al Mattatoio per concludere il lavoro An omniscience: an atmos-etheric, transnational, interplanetary cosmist bird opera spanning seven continents and the many verses. Una performance che incontra l’opera musicale: una partitura originale affidata a un quartetto di fiati e a due voci, guidati da un direttore d’orchestra, che racconta la storia della sterna artica, l’uccello che realizza la più lunga migrazione di ogni altra creatura.

Durante la residenza a Roma il duo ha lavorato sulla partitura musicale del lavoro e, attraverso la collaborazione con il disegnatore di moda Carlo Santolini sono state realizzate le maschere indossate dai performer, affrontando la questione di ciò che suscitava indossarle davanti a un pubblico nel momento della performance.

An Omniscience ha debuttato nell’ambito di Biennale Gherdëina ∞ 2022 subito dopo la residenza per poi essere presentata a luglio al Mattatoio nella rassegna re-creatures 2022.

 

Abbiamo chiesto a Himali Singh Soin e David Soin Tappeser qual è stato il desiderio che li ha mossi a lavorare a questa performance e cosa li ha incuriositi della sterna artica.

 

Ci rispecchiamo in questo uccello migratorio. La nomadicità ci contraddistingue entrambi e la nostra pratica è influenzata sia da una dimensione internazionale che da una dimensione culturale locale. An Omniscience è l’estensione di we are opposite like that, la ricerca ancora in fieri di Himali sul polo sud e il polo nord. In tempi caratterizzati dalla chiusura dei confini e dall’immaginazione di un nuovo concetto di “casa”, quest’opera, dedicata ai volatili, celebra l’aria, la leggerezza, la deriva, gli orizzonti, il transnazionalismo, il cosmismo, mentre piange lo scioglimento dei poli, la perdita della casa, la fame, la sconfitta del non arrivare e la solitudine dell'individualismo. Mette l’accento sulla collettività, i movimenti sociali e le forme non lineari di essere. Questo lavoro tenta di reindirizzarci, di andare avanti e indietro nel tempo e di offrire uno sguardo esistenziale sulla nostra vita di bipedi, e suggerisce la deriva come modo di essere. Le sterne artiche, infatti, possono librarsi a mezz'aria per lunghi periodi di tempo. Vediamo l’aria come un canale per la circolazione di un sentiero e un sentire comune, di idee, in grado di attraversare la Terra collegando la tundra ai tropici. I riferimenti spaziano tra leggende culturali di uccelli fantastici, che volano per i sette mari, le valli, i regni. L'uccello diventa un profeta, un poeta, un istruttore, un politico, un filosofo, una guida. Alla fine, la musica è l'uccello, un'eccezione alata ai nostri corpi dipendenti dalla gravità.

La sterna artica compie la migrazione più lunga di qualsiasi altra creatura conosciuta, viaggiando ogni anno dall'Artico all'Antartico e ritorno, pari a quasi tre viaggi sulla luna e ritorno nell'arco dei suoi trent'anni di vita. Abbiamo scritto e composto questo lavoro come un modo per imparare dagli uccelli e, anche solo momentaneamente, diventare gli uccelli stessi.

 

La performance è sempre più vicina a temi quali la natura, le ecologie e l’indagine di altre forme di vita. Complici anche i campi di studio quali le Enviromental Humanities che mettono in dialogo le discipline umanistiche con le crisi ecologiche globali in maniera intersezionale. Da Donna Haraway che teorizza il vivere nelle rovine in una condizione di orizzontalità con le soggettività non umane in cui il fare comune diventa centrale, all’antropologo Viveros de Castro che, con Dèbora Danowski, in Esiste un mondo a venire? affronta l’argomento dell’accelerazione temporale che stiamo vivendo in questi tempi di cambiamento. Tutto invita a riflettere sul nostro stare e agire in un mondo infetto e non è da meno il campo della performance, che spesso porta sulla scena questioni che possono trasformarsi anche in strategie di sopravvivenza.

Rispetto a questa tendenza ci confrontiamo con il duo Hylozoic/Desiders che nella sua presentazione scrive: aspiriamo a un etere ontologico piatto in cui tutte le forme di vita - pietra, spirito, macchina o uomo - sono uguali. Come si può tradurre questo statement in una pratica?

 

Quale forma migliore della poesia che è necessariamente animata dalla metafora, per dare voce agli esseri non umani? E la musica, che forse gli uccelli sentono, forse la pietra sente, e parla in un linguaggio che va oltre l'umano? we are opposite like that parla di ghiaccio che si scioglie, ed è scritto per quartetto d'archi, disegnando il paesaggio con graffi e gocce allarmanti. Static Range parla di montagne e fiumi contaminati dal nucleare, una coppia di tamburi nagada ricrea i ritmi delle comunità censurate e oppresse nel raggio dei reattori.

In As Grand as What incarniamo i personaggi degli spiriti della terra, diventando medium per condurre rituali che aiutino il corpo collettivo della terra a ritrovare la propria essenza sulla scia di una crisi di presenza perduta.

 

Il discorso su una diversa e più orizzontale organizzazione degli elementi del lavoro e l’interazione tra umano e non umano, tocca anche le modalità produttive e non solo contenutistiche del lavoro artistico. Chiediamo, allora, a Himali Singh Soin e David Soin Tappeser come sviluppano la loro pratica artistica all’interno del duo Hylozoic / Desires e in che modo la poesia e la musica sperimentale interagiscono tra loro.

 

Se la musica è la (ri)organizzazione del suono, la poesia è la (ri)organizzazione del linguaggio. Aspiriamo a uno strano equilibrio tra ritmo e melodia e a una chiarezza che abbraccia l'astrazione. Ci sono diversi collettivi che presentano le loro alleanze professionali e mantengono private le loro relazioni personali; il primo lavoro di Hylozoic/Desires è stato You Really Got Me Now, la nostra storia d'amore sotto forma di conferenza-performance, che esplora il desiderio attraverso le frontiere, le tecnologie del romanticismo e il potenziale dell'arte e dell'amore per affrontare la violenza che deriva dalle lineari e accelerate spazio-temporalità della xenofobia. L'amore è quindi al centro delle nostre vite e del nostro lavoro, sia come metodo che come forza operativa che tiene insieme i nostri diversi medium artistici.

 

Infine, abbiamo parlato del loro periodo di residenza a Roma negli spazi de La Pelanda. Questo è quello che ci restituiscono di questa esperienza.

 

Roma è stata il luogo perfetto, l’antichità ci ha permesso di riflettere sulla modernità.

Abbiamo passato il tempo a osservare i pipistrelli nelle tombe, i piccioni alle fontane e i gabbiani tra i rifiuti. Ci ha ricordato che il mondo naturale è più vicino a noi di quanto pensiamo e che queste creature non si limitano a sorvolare gli oceani, ma utilizzano i fili di silicone e i tappi di plastica delle bottiglie per costruire i loro nuovi nidi. In effetti, si sono adattati all'Antropocene meglio di noi. Ma starnazzano spesso, piangono. Ci siamo chiesti se stessero cercando di metterci in guardia.

 

 


 

[Questa conversazione è stata pubblicata in forma di intervista su Nero Magazine: www.neroeditions.com/omniscience]

parte di

-
Gli appunti in forma di diario raccolti qui raccontano il percorso fatto con le artiste e gli artisti del progetto Prender-si cura, un ciclo di residenze artistiche e produttive realizzate a La Pelanda, nel Mattatoio di Roma.
Padiglione 9B, Performer: Prinz Gholam
13 luglio, ore 12-13
SOLO SU INVITO
13 luglio, ore 12-13
13 luglio, ore 12-13