Deserto

Barbara Boninsegna, direttrice artistica
Mara Oscar Cassiani, artista

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Barbara Boninsegna dialoga con Mara Oscar Cassiani 

 

Sostantivo e/o aggettivo, immobile e/o nel suo avanzare, nel pieno dell’esplosione e/o all’inizio di una tempesta di sabbia, l’atto della resa e/o imminente ricerca di una terra promessa, significato e/o significante. 

La scrittrice Laura Pugno, in un ricordo falsato dal tempo, all’interno del suo saggio “In territorio selvaggio” scopre di aver confuso la parola deserto con giardino nella frase “giardino e bosco coincidono”, quando nei suoi appunti di dieci anni prima erano stati deserto e bosco a coincidere. E tu? Con cosa coincide – ora che mi stai rispondendo – il tuo deserto? Intendi preservarlo o stressarlo e adattarlo affinché diventi altro? 

Barbara Boninsegna, direttrice artistica
 
 

Cara Barbara,  

la parola deserto in questo preciso momento storico potrebbe forse ispirarmi le ultime visioni, quelle delle vie vuote e delle strade e della pandemia. E invece riesco solo a pensare ad Arrakis altrimenti chiamato Dune, il pianeta desertico della spezia. La preziosissima spezia chiamata Melange, rende il pianeta il fulcro dell’universo. Il Melange permette di attraversare le curvature spaziali e viaggiare nello spazio e i mondi vengono coesi grazie ad esso. Eppure il popolo di Arrakis, i Fremens , pur trovandosi al centro del mercato universale vengono depredati come in ogni guerra mineraria occidentale. I Fremens aspettano un messia che li libererà dall’oppressione. Per quanto ami il libro o il film, il messia è sempre un ragazzo e qui inizia il dissidio con la storia. Il messia è un ragazzo, ma sua sorella bambina è nata con una conoscenza ancestrale che trascende i saperi della vita . Devo veramente empatizzare col messia uomo o posso immaginare che in realtà sarà una matriarca o una serie di matriarche che arriveranno a colonizzare il pianeta e liberare l’acqua che vive nel suo cuore? Molte storie sono così, nel momento dell’empatia mi chiedono di uscire da me stessa fluidificarmi in un altro corpo spesso maschile. Così, mentre guardo l’enorme libreria alle mie spalle di libri e film, mi chiedo se tutti questi nomi fossero femminili , quale sarebbe la nostra visione della conoscenza ancestrale ora? A quale punto della nostra civiltà saremmo? Ovviamente col migliore augurio che nel futuro ci potremo fluidificare in ogni ruolo ci passi per la mente.

Mara Oscar Cassiani, artista
  
 

 
  

Barbara Boninsegna è direttrice artistica del festival “Drodesera” dal 1981. 
Co-fondatrice della rete internazionale CQD Ciudad Que Danzan con Hana Barata (Lisbona) e Juan Eduardo Lopez (Barcellona), che negli anni ’90 esportò in tutto il mondo il trend della danza-architettura. Nel 2005 è co/ideatrice del “Premio Internazionale della Performance”, in collaborazione con la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento; nel 2007 vince un importante bando e fonda FIES FACTORY ONE, a sostegno della creazione performativa contemporanea: primo progetto italiano di cura e residenza a lungo termine per giovani artisti . Nel 2013 fonda con Denis Isaia e Simone Frangi la piattaforma LIVE WORKS. Assieme a Denis Isaia si prende cura dei progetti che ruotano attorno a Collezione Fies, opere d’arte mutuate alla performance art. Oggi dirige Centrale Fiesluogo aperto 365 giorni all’anno: centro di studio sui linguaggi del contemporaneo, fulcro di residenze a sostegno della creazione artistica,  luogo di sperimentazione continua che utilizza la cultura come strumento per sviluppare proposte integrate capaci di generare sul territorio, ricadute sociali, artistiche ed economiche.

 
Mara Oscar Cassiani artista wi-fi based, lavora tra performance, coreografia, nuovi linguaggi digitali, social media e ritual clubbing. La sua ricerca è incentrata sulla creazione di un immaginario contemporaneo, in cui nuovi grammatiche e icone derivano dalle identità di Internet, da sottoculture club e dal “brutal” capitalismo. Un flusso in diretta di immagini e coscienza. La sua ricerca principale è focalizzata sull’elaborazione di ambienti e progetti performanti nel mezzo tra un nucleo generazionale e il loro sviluppo rituale. Un melting pot tra estratti di pop, folklore rituale, folklore digitale e del linguaggio commerciale che restituisce un’istantanea globale, un “fast food visivo” tra kitsch, cruda ritualità e apocalisse.